sabato 13 novembre 2010

The Escapist.

Fuori il buio è così denso di freddo che non mi sento nemmeno più io.

lunedì 8 novembre 2010

Motherfucker fuck you.

La scorsa domenica sono scesa giù in garage per prendere un vecchio metronomo, visto che il mio s'è rotto. Mi sono fatta le scale, sono scesa giù giù giù - ché noi abbiamo i garage sotterranei - e sono dunque entrata. La prima cosa che ho sentito è stato plop. La seconda cosa, i miei piedi bagnati.
Ora. Io abito nel Friuli, a circa 60 chilometri dal mare, ai piedi delle Prealpi, sentire acqua in garage non è normale. L'ultima volta che avevo sentito acqua sotto i miei piedi e avevo notato i circa due centimetri d'acqua era stato quando, qualche anno fa, si era rotto l'argine del nostro fiume. Ma io abito in pieno centro, la zona più alta, quindi non ho mai rischiato nulla. Tuttavia, domenica scorsa, io ho sentito quel plop e i miei piedi bagnati.
E poi, passando i giorni, tutto ha avuto una spiegazione. O quasi.
Una mia amica, che abita in confine col Veneto, per quattro giorni non è venuta a scuola. Lei abita vicino al Livenza, a pochissimi metri, hanno rotto gli argini del fiume e casa sua è sotto di una cosa come 1 metro, quasi uno e mezzo. Quel che resta, intendo dire.
Mio zio, che abita in pieno Veneto, a Padova, alle due del mattino, assieme a moltissimi altri, è stato svegliato dalla Protezione Civile e in quei quattro famosi giorni gli sfollati, solo in provicina di Padova, sono stati circa 2000. La Protezione Civile è stata l'unica che ha mosso il culo e ha dato una mano. Di sacchetti di sabbia non ce ne sono, ogni giorno vengono rotti argini, la pioggia continua a cadere, gli sfollati continuano ad aumentare, i danni non ne parliamo, e i cittadini, da bravi veneti, si rimboccano le maniche e cercano di aiutarsi a vicenda in silenzio. E' sempre stato così, tutto in silenzio, per loro.
Probabilmente anche per la TV. Non prendiamoci in giro, le informazioni non passano. Gli argini già prima di domenica non tenevano più e nessuno ha mosso un dito. Pure quella che chiamiamo comunicazione era più impegnata alle puttane del nostro caro (seh) Primo Ministro che alle persone che da un momento all'altro potevano morire. Tre, per la precisione, e cinquemila persone senza casa.
Bello davvero.
Io non lo so come possano accadere cose simili. No, non intendo tutta la storia dell'alluvione. Intendo tutta la storia che c'è dietro. Perché, cazzo, non puoi far passare sotto silenzio tutto, dedicando massimo cinque minuti a quella che in realtà è una catastrofe. Mio dio, se solo 'sti coglioni che pretendono di parlare a nome nostro davanti al mondo intero venissero qui e si rendessero conto di cosa sta succedendo. Se solo capissero com'è difficile vedere Orazio che vien su da Venezia, qui dalla zia, e dice che, alla faccia, i cinque anni di lavoro che gli mancavano per la pensione chissà quanti diventeranno, ora che la sua edicola è completamente distrutta. Mi veniva da piangere, prima, quand'è passato a salutarci. Perché non è così che dovrebbero andare le cose. Le cose dovrebbero andare che qualcuno, come minimo, dia una mano. E non che si rifiuti dicendo che Il Veneto non merita.
Come, scusa? Perché, esattamente?
Cos'hanno fatto quelle 5000 persone per non meritarsi almeno un posto dove dormire la sera, al caldo? Cos'hanno fatto quelle 5000 persone per non avere più neanche un ospedale, o una scuola, o un posto in cui ritrovarsi? Cos'hanno fatto quelle 5000 persone che ora stanno cercando in tutti i modi di salvare il salvabile?
Orazio ha detto che la Pina ha cercato di spostare il piano almeno al piano superiore della casa, ma poi mica ci è riuscita e quindi addio anche quello. Addio divani nuovi e addio orto per l'estate. Addio anche al pavimento nuovo in legno, che era costato così tanto, ma poi l'avevano fatto, perché in primavera nascevano i nipotini e dio che bello vederli giocare in taverna, che c'era pure la stufa appena comprata e tutti i mobili in mogano.
E' semplicemente uno dei tanti sogni che s'infrange.
Ma si sa.
Il Veneto non merita.
(Ma le puttane sì.)