sabato 13 novembre 2010

The Escapist.

Fuori il buio è così denso di freddo che non mi sento nemmeno più io.

lunedì 8 novembre 2010

Motherfucker fuck you.

La scorsa domenica sono scesa giù in garage per prendere un vecchio metronomo, visto che il mio s'è rotto. Mi sono fatta le scale, sono scesa giù giù giù - ché noi abbiamo i garage sotterranei - e sono dunque entrata. La prima cosa che ho sentito è stato plop. La seconda cosa, i miei piedi bagnati.
Ora. Io abito nel Friuli, a circa 60 chilometri dal mare, ai piedi delle Prealpi, sentire acqua in garage non è normale. L'ultima volta che avevo sentito acqua sotto i miei piedi e avevo notato i circa due centimetri d'acqua era stato quando, qualche anno fa, si era rotto l'argine del nostro fiume. Ma io abito in pieno centro, la zona più alta, quindi non ho mai rischiato nulla. Tuttavia, domenica scorsa, io ho sentito quel plop e i miei piedi bagnati.
E poi, passando i giorni, tutto ha avuto una spiegazione. O quasi.
Una mia amica, che abita in confine col Veneto, per quattro giorni non è venuta a scuola. Lei abita vicino al Livenza, a pochissimi metri, hanno rotto gli argini del fiume e casa sua è sotto di una cosa come 1 metro, quasi uno e mezzo. Quel che resta, intendo dire.
Mio zio, che abita in pieno Veneto, a Padova, alle due del mattino, assieme a moltissimi altri, è stato svegliato dalla Protezione Civile e in quei quattro famosi giorni gli sfollati, solo in provicina di Padova, sono stati circa 2000. La Protezione Civile è stata l'unica che ha mosso il culo e ha dato una mano. Di sacchetti di sabbia non ce ne sono, ogni giorno vengono rotti argini, la pioggia continua a cadere, gli sfollati continuano ad aumentare, i danni non ne parliamo, e i cittadini, da bravi veneti, si rimboccano le maniche e cercano di aiutarsi a vicenda in silenzio. E' sempre stato così, tutto in silenzio, per loro.
Probabilmente anche per la TV. Non prendiamoci in giro, le informazioni non passano. Gli argini già prima di domenica non tenevano più e nessuno ha mosso un dito. Pure quella che chiamiamo comunicazione era più impegnata alle puttane del nostro caro (seh) Primo Ministro che alle persone che da un momento all'altro potevano morire. Tre, per la precisione, e cinquemila persone senza casa.
Bello davvero.
Io non lo so come possano accadere cose simili. No, non intendo tutta la storia dell'alluvione. Intendo tutta la storia che c'è dietro. Perché, cazzo, non puoi far passare sotto silenzio tutto, dedicando massimo cinque minuti a quella che in realtà è una catastrofe. Mio dio, se solo 'sti coglioni che pretendono di parlare a nome nostro davanti al mondo intero venissero qui e si rendessero conto di cosa sta succedendo. Se solo capissero com'è difficile vedere Orazio che vien su da Venezia, qui dalla zia, e dice che, alla faccia, i cinque anni di lavoro che gli mancavano per la pensione chissà quanti diventeranno, ora che la sua edicola è completamente distrutta. Mi veniva da piangere, prima, quand'è passato a salutarci. Perché non è così che dovrebbero andare le cose. Le cose dovrebbero andare che qualcuno, come minimo, dia una mano. E non che si rifiuti dicendo che Il Veneto non merita.
Come, scusa? Perché, esattamente?
Cos'hanno fatto quelle 5000 persone per non meritarsi almeno un posto dove dormire la sera, al caldo? Cos'hanno fatto quelle 5000 persone per non avere più neanche un ospedale, o una scuola, o un posto in cui ritrovarsi? Cos'hanno fatto quelle 5000 persone che ora stanno cercando in tutti i modi di salvare il salvabile?
Orazio ha detto che la Pina ha cercato di spostare il piano almeno al piano superiore della casa, ma poi mica ci è riuscita e quindi addio anche quello. Addio divani nuovi e addio orto per l'estate. Addio anche al pavimento nuovo in legno, che era costato così tanto, ma poi l'avevano fatto, perché in primavera nascevano i nipotini e dio che bello vederli giocare in taverna, che c'era pure la stufa appena comprata e tutti i mobili in mogano.
E' semplicemente uno dei tanti sogni che s'infrange.
Ma si sa.
Il Veneto non merita.
(Ma le puttane sì.)

mercoledì 20 ottobre 2010

La scienza dei Simpson.

Niente. Questa settimana proprio non vuole passare. E l'unica cosa che sembra passare è l'influenza da una persona all'altra. A me l'ha attaccata Federico. L'ho sempre detto che mi faceva male stargli vicino. Ma lui non mi ha mai creduta e adesso vedi un po' come faccio io. Che domani ho compito di biologia e chimica, ma ho così mal di testa e di gola e di pancia che non so come concentrarmi. E in un'ora sono riuscita a studiare solo quattro pagine. Il che non va bene per niente.
E venerdì ad Udine c'è uno spettacolo che io non posso perdere e chissà a che ora tornerò a casa e sabato ci saranno il bellissimo compito di greco e il compleanno di B. che no, nemmeno questo posso mancare, perché è una delle mie più care amiche. E poi domenica c'è quello spettacolo/capolavoro di Peter Stein, i Demoni, che dura dalle 11 am alle 11 pm e lunedì il compito di fisica, per cui devo studiare prima, il che significa spartire il lavoro tra giovedì pomeriggio e sabato pomeriggio. E niente. Superata domenica - facciamo lunedì, dai - forse forse tornerò a respirare. Con il naso, magari, e non con la bocca.
Ma siccome già oggi lui mi ha presa in giro per la mia voce e mi ha pure detto che, come al solito, sono una stupida ad andare a scuola in queste condizioni e io gli ho anche urlato dietro, cosa che finalmente non facevo da un po' e lui neanche, in effetti, ma comunque gli ho urlato dietro che oggi avevo una quantomai probabile interrogazione di greco - c'è stata - e un'altra di italiano - pure quella - e nemmeno martedì sarei potuta mancare, perché avevamo compito di matematica - l'ennesimo - e lunedì neanche, per la versione di latino. E allora scusa, eh, se mi pare di avere degli obblighi, scusami tanto.
E sì, scusatemi anche se dubito di arrivare al week-end.
Sono a pezzi. E spero che questa settimana sia un po' come le puntate dei Simpson. Che cominciano in un modo e finiscono in uno che tu neanche t'immaginavi e pure ti lasciano un sorriso.
Benedetta scienza dei Simpson.

venerdì 15 ottobre 2010

Wanna have fun.

E' così strano come con certe persone ci si senta poco e ci si capisca troppo. Mi succede. Spesso. Con chi abita lontano e con chi abita più vicino.
E' stato giusto un caso che io avessi il cellulare nella tasca dello zaino e che lo zaino in questione fosse in camera, dove io stavo studiando i quanto mai cari lirici greci dell'Attica. Ho sentito uno strano rumore e mi sono resa conto che era il cellulare in vibrazione. Lo prendo e vedo: V.
Un po' ho strabuzzato gli occhi, perché la V. in questione è un donnino ricciolino e carinissimo che ho conosciuto per caso due anni fa. Abbiamo scoperto di essere nella stessa scuola, in sedi diversi, visto che lei ha un anno in più. Poi, l'anno scorso, lei ha deciso di fare la quarta superiore in Germania. Ci siamo mandate sms giusto per le feste e qualche mail. In estate, ci siamo riviste. Poi io son partita e al mio ritorno è ricominciata la scuola.
Ora le mi chiama. Mi dice: Ti ho detto che mi sono trasferita ad Udine? Sì, frequento un liceo classico lì, alcune materie si studiano in tedesco ed inglese.
Io manco sapevo esistesse 'sto liceo, ad Udine. Me l'ha detto lei. Sono contenta. Perché di lei so che ama le lingue e che vuole fare la scuola per interpreti. Nulla di più.
Poi un invito che non mi aspettavo: Domani è il mio compleanno, ci verresti alla mia festa?
E io un po' ci sono rimasta, perché non lo sapevo che era il suo compleanno e, soprattutto, non so cosa prenderle. Però ho detto di sì. E ora sto trafficando nel mio armadio per cercare qualcosa di carino da mettermi per domani e, nel mentre, penso anche al suo regalo. Quale, non lo so.
Però una nota positiva c'è: dopo tre settimane che mi rifiuto di uscire a festeggiare, lei, con una chiamata, mi ha più che convinta.

giovedì 7 ottobre 2010

Just a boy and a little girl.

Oggi ti ho parlato così tanto che non lo so come tu abbia fatto a sopportarmi. Ma avevo bisogno di dirti tutto, le cose più assurde e senza senso e inutili, perché tu lo sai come sono fatta io, che son sempre quella che ricorda le stronzate che mai nessuno neanche guarda, come il fatto che il cannocchiale di Galilei ingrandisse di 27 volte.
Ti ho detto tante cose. Non ti ho parlato solo di Galilei.
Mi hai fatto salire sulla tua moto e siamo andati al parco e io ti ho detto che avevo paura della moto, ma di te mi fido, di te mi sono sempre fidata.
Ci siamo seduti sull'erba, come facevo da bambina e come tu facevi da bambino e ci siamo messi vicini, con te che mi tenevi le mani, con te che mi baciavi piano, con te che per me sei il lato Coca-Cola della vita, con te che mi fai credere le cose più stupide e smielose.
Ci siamo seduti sull'erba e tu mi hai chiesto com'erano gli States. Io ti ho detto che erano un bel posto, ma che Londra, tu lo sai, è l'unica mia vera casa - Londra, e le tue braccia.
Ti ho detto che era così strana la sensazione di stare lontani dalla propria città, allora che la distanza non era una corsa di treno, come quando per alcuni giorni me ne vado a Venezia e ciao a tutti. Allora la distanza era un oceano intero, un continente, e la mia città non avrei saputo ritrovarla ad occhi chiusi. E mi sembrava quasi che l'unico modo in cui io potessi ritrovarla fosse chiudendo gli occhi, nella mia testa. Ma, indovina?, c'eri tu nella mia testa.
Ti ho detto che ho preso il diploma di piano e che voglio imparare a suonare la chitarra e che voglio provare a scrivere una canzone, non solo stupide marcette durante l'ora di composizione. Ti ho anche detto, però, che non mi faccio tanti scrupoli, io. Che lo so che non sono come John Lennon, che, appena imparato gli accordi fondamentali al piano, ha scritto quella meraviglia di canzone che è Isolation. E che, forse, è una delle canzoni che sa meglio raccontarmi. E che poi, ogni volta che la sento, io ci penso. Io ci penso che, con te, avrei voluto cambiare il mondo intero. E ho riso come una stupida, perché, queste cose, io di solito le scrivo, non le dico ad alta voce, perché non ci credo. Ma tu mi fai credere a tutto.
Tu potresti indicarmi una stella a caso e farmi credere che quella è la direzione per Neverland. Io ti crederei, giuro, ti crederei. Perché tu mi hai salvata. Io che odio essere salvata, ma tu mi hai salvata.
Ti ho detto che adoravo il fatto che tu di musica non ci capissi nulla, perché poi mi piaceva farti ascoltare qualcosa e sentirti canticchiare il ritornello, qualche giorno dopo, solo per farmi piacere. Ti ho detto che avrei voluto essere ogni canzone sulle tue labbra.
Ti ho detto che amavo la sensazione che dove finissero le tue dita cominciasse la mia pelle.
Ti ho detto che io amo te.
Però poi ti ho detto che non stavamo più insieme e che tu mi stava solo confondendo, però, per favore, continua a farlo, perché questa è la confusione che mi fa girar la testa fino a sentirmi scoppiare di vita.
Io ti amo. Lasciami parlare, lasciami spiegare. Io ti amo.
Mi sembra tanto la frase da adolescente rincoglionita, e forse lo è, forse lo sono, però non m'importa. A te è sempre andato bene. Quando ridevi e dicevi che ero una bambina, ma cosa posso farci se amo fare le bolle di sapone, la pasta di sale, e guardare i cartoni della Disney? Cosa posso farci se io sono io e non so cambiare altrimenti?
A te è sempre andato bene. Che io non sono come lei, che è bionda, sa mettere un bel paio di tacchi ed ostenta borse di Vuitton o chi per lui. Io ho la mia divisa di jeans, magliette in stile anni '60, Converse e borsa di tela che a momenti scoppia per tutto quello che ci metto dentro. Io oggi non avevo i capelli ben raccolti come lei, avevo le treccine e una fascia colorata in testa, perché a me piacciono le cose colorate. Io sono io. Però tu mi hai detto lo stesso che sono bellissima, e io lo stesso non ti ho creduto, ma capisci quanto importante sia stato per me?
Tu mi fai sentire importante. Tu mi fai sentire. Punto. Tu mi fai capire che io non sono un corpo vuoto, cavo, senza senso. Tu mi fai capire che io sono qualcuno. Per te.
E io ti amo e non so come fare, adesso.

mercoledì 6 ottobre 2010

Isolation.

Per giorni interi non ho fatto altro che pensare fosse colpa loro. Perché non mi avevano protetta e, anzi, domenica avevano pure permesso che il marito di mia zia - ma chi cazzo ti ha chiesto niente? - facesse commenti su me e la mia vita, neanche troppo carini, in effetti.
E allora, senza girarci troppo intorno, mi sono sentita una merda. Soprattutto perché nessuno aveva alzato un dito per difendermi, né niente.
Poi mi sono resa conto di una cosa. L'unica che avrebbe dovuto dire qualcosa, proteggersi, sarei stata io, effettivamente. Ma poiché il mio orgoglio si è ormai polverizzato, ho sorriso come una cretina e non ho detto nulla.
Forse forse, dovrei cominciare a pensare cose più carine sul mio conto, e forse forse aveva ragione quella stupenda personcina che me l'ha detto ieri notte. E forse forse, la prossima volta, avrò il coraggio di ribattere e mandare tutti alla famosa meta turistica dell'affanculo.
Vi farò sapere. Intanto, fate il tifo per me. Mi aspetto striscioni.

venerdì 10 settembre 2010

Nothing's gonna change my world.

Oggi ti ho visto e non capisco più niente di quello che faccio.
E allora mi dispiace, ma vaffanculo.
Ma ti pare che uno ti entra così nella vita e te la sconvolge tutta? No. Cioé. Vaffanculo.

giovedì 12 agosto 2010

Concorsi.

Ma tanto lo sanno tutti che la cosa che meglio mi riesce è fuggire.
Niente. Io proprio non ho le palle per rimanere qui ed affrontare tutti e tutto. Figuriamoci. Per cui divento isterica - che novità -, prendo tutti i miei soldi in banca - stanno finendo, ma che bellezza - e comunico agli autori dei miei giorni che ho intenzione di trascorrere la fine di agosto dallo zio.
Che bella idea fuggire dall'altra parte del mondo.
E Miss Cogliona 2010 è vinto ufficialmente dalla sottoscritta.

venerdì 6 agosto 2010

Clarity.

No, non voglio uscire con te. E no, non voglio venire a guardare un film sul senso della vita. E no, non ci vengo a vedere la tua università dimmerda.
Forse non ti è ben chiaro che non verrei a far niente con te. Non, soprattutto, se passo i miei momenti liberi ad andarmene a spiare lui, che è una cosa che fanno solo le persone patetiche.
Però sai cosa ti dico? Sì, sono patetica. E sì, forse hai ragione quando dici che dovrei smetterla di andargli dietro, visto che mi ha piantata quattro mesi fa e anche per colpa mia, volendo essere chiari. Ma non ci posso fare niente, okay?
Quindi la prossima volta che mi chiedi dove sono stata, ti arriva qualcosa addosso. Ma farti un chilo di cavoli tuoi no, eh?

giovedì 5 agosto 2010

Mumble.

Syd Barrett cantava: Waiting for someone or something to show you the way.
E io sto aspettando. E io sto scoppiando.
Non so cosa mi prenda. Non so cosa voglio. Ma non voglio questo.

sabato 31 luglio 2010

Just a little pin prick .

The child is grown
The dream is gone
And I have become
Comfortably numb.
Pink Floyd - Comfortably Numb.

Spin.

Oggi sono serena, ma così serena come non mi capitava da troppo che non posso fare a meno di scriverlo dovunque.

martedì 20 luglio 2010

Sfogo #1

Parafrasando Salinger e usando tutti i francesismi di questo mondo: Ma che cazzo te ne fai dei tuoi fottutissimi successi quando nella vita di tutti i giorni sei un coglione?
E lo direi a molti. Lo direi, soprattutto, a quelle stupOnde persone che cercano in mille mila modi di farsi amici cani e porci per farsi recensire a manetta.
Cioè. Qui non commento, dato che è da secoli che succede e, sinceramente, a me questa cosa fa solo che ridere, sinceramente eh.
Mi girano, per la precisione, quando tutto questo crea un effetto a catena.
Ovvero.
1. Gente che io non conosco mi rompe i cosiddetti - modero il linguaggio, va', che mica sono uno scaricatore di porto, più o meno - e mi chide di leggere le proprie storie. E mi assicura che, ehi, sono bellissime, anche perchè io ho letto tutto di Shakespeare.
Ma cosa c'entra? Ma che cosa cavolo c'entra che hai letto Shakespeare tu, poi, che mi scrivi in un italiano correggiuto e completi ogni frase - senza neanche ricordarti il mio nome - con un tv1kdbxs. Eeeeeeh??
2. E qui il senno va sulla luna, buon viaggio Astolfo. La cosa che più mi da fastidio. Sentire persone che dentro hanno qualcosa, che hanno un talento che, boh, ma dove cazzo le trovi persone così?, ma comunque, dicevo, sentire queste personcine stupende che no, non sono ipocrite, che no, non sono delle leccaculo, che no, non hanno intenzione di mettersi al centro dell'attenzione per ricevere delle recensioni in più, e che cavolo, devo dire che cosa mi dicono, sennò non la finiamo più, e che mi dicono che loro, con la scrittura, vogliono chiudere.
E perché? Perché sono pochi quelli che leggono. Eccerto che sono pochi se tutti sono preoccupati di seguire quello o quell'altro perché così dopo tu segui me. Eccerto.
Cazzo, se nessuno legge per chi scrivi? Perché è vero che si scrive per sé, ma, sinceramente, se non fosse stato per le persone meravigliose che mi hanno spronato a continuare, io, oggi, sarei su una panchina a caso, con una penna a caso, e un moleskine a caso e scriverei di quanto, in effetti, mi sento scoppiare perché non riesco a comunciare meglio che scrivendo.
Ed è questa la verità.
Ed è questo che succede. Che già tre persone mi hanno detto che basta, vogliono smettere, perchè cosa scrivono a fare se poi non possono comunicare?
E io loro le capisco.
Capisco un po' meno gente che legge Shakespeare e, nello stesso tempo, carta straccia di persone che non sanno quale sia la differenza tra "e" ed "è".
Sia ben chiaro. Non parlo da scrittrice, visto che non lo sono. Sono solo una a cui piace lasciar correre i pensieri, ma penso che tra me e Marquez ci sia un burrone. Io parlo da lettrice e questo sì, lo sono.
Duh.
Sfogo finito.
E' questo il bello di avere un blog.

sabato 17 luglio 2010

Illuminazioni.

Dlin, dlon.
Pubblicità progresso per gli autori dei giorni della sottoscritta.
"Cari mamma e papà.
Volevo solo farvi presente che, okay, un grande diceva che in nessuna lingua è difficile capirsi come nella propria, ma, appurato questo, dai, un minimo! Non vi siete resi conto che le istruzioni dell'Ikea erano in finlandese? Ovvia, mi avete montata male! E quindi, per favore, la prossima volta che mi dite che sono una persona incostante, sconclusionata e incoerente e io vi dico che è tutta colpa del finlandese, non guardatemi come se fossi impazzita. Ora molte cose si spiegano, vero? Esattamente come il giorno in cui ho scoperto che James Hetfield è figlio di una soprano e di un camionista. Già. Illuminazioni da cambiarti la vita.
Grazie per l'attenzione.
La vostra unica figlia."

Gigs.

Mi manca salire su un treno e prenotare la stanza di un hotel. Mi manca partire la mattina presto, che sono mezza rincoglionita, ma con una voglia di fare così grande che non c'è sonno che tenga. Mi manca scendere in una stazione che non conosco, con dialetti e inflessioni diverse dalle mie, salire su un autobus e vedersi davanti agli occhi persone mai viste prima, ma con le quali hai talmente tanto in comune che solo pensarci e ti gira la testa. Mi manca stare sotto un palco tutto il giorno e aspettare la sera, nonostante il caldo tossico, nonostante il sole che batte sulla testa, nonostante la fame, nonostante la stanchezza, nonostante le Converse che fanno male, nonostante la maglietta di chissà quale gruppo appiccicata alla pelle, e aspettare, che secondo me è la cosa più bella del mondo, aspettare, e un po' l'abbiamo persa, che, santo cielo, noi vogliamo tutto subito, però così è più bello, anzi, molto più bello, e poi veder entrare artisti, che magari neanche lo conoscono l'italiano, e si sforzano di parlare, ma poi capiscono anche loro che si fanno capire molto di più con le canzoni che ti rimbombano fin dentro la testa, e allora è una cosa incredibile. Mi manca la sensazione di parole e musica in bocca. Mi manca la sensazione dell'erba fresca sotto i piedi. Mi manca tenere calato il capellino degli Yankees in testa e mi manca, soprattutto, trovarmi con le persone così, per caso, e cominciare a parlare di musica, e non stancarsi, fino a quando gli accordi di Gibson belle da farti mancare il fiato ti fanno stare zitto, ma provaci tu a stare zitto quando tutto quello che vuoi fare è urlare e urlare e urlare. Perchè, parliamoci chiaro, ma quant'è bella la sensazione della batteria che batte fin dentro la pancia?

mercoledì 14 luglio 2010

Pensieri avariati.

Mi hanno detto che tutti hanno diritto alla felicità.
A ben pensarci, non è poi così scontato.

domenica 20 giugno 2010

Equazioni.

Rimettetemi a posto, per favore.
Ho paura di essere una di quelle equazioni di secondo grado che non hanno una vera soluzione perché il numero sotto il radicale è negativo. Insomma non funziona.

Zoe Trope.

sabato 19 giugno 2010

Malinconico andante.

Una settimana e poco più al compleanno numero diciassette, il mio, e la voglia di festeggiare è partita per il mare. La voglia di far tutto è partita per il mare, chiariamo. Ma la cosa che più mi da fastidio sono le persone che cercano di disquisire il mio cervello e qui partono le diverse teorie del perchè o percome io sia sul depresso-andante. La prima riguarda quel pensiero felice che se ne sta a mille mila miglia di distanza e di me non sa niente, come io non so niente di lui. La seconda riguarda l'innominato stronzo, altresì noto come l'ex. La terza riguarda l'ossessione per Londra e la scarsa possibilità di tornarci. La quarta riguarda il lavoro, che manco si vede in lontananza col cannocchiale. E poi bon. Poi ce ne sono altre, e così tante che ci si potrebbe riempire il mio libro di filosofia. La verità è che sono semplicemente stanca. E lasciatemi dormire e lasciatemi fare quel che voglio, per una volta, senza la paura di chiedere: Ma sto sbagliando? Dio, se solo avessi un po' di palle, se mi passate il francesismo. E niente. Sospetto che Nina abbia in mente grandi progetti, per il mio compleanno, con quella pazza di J. E ieri Lupo mi ha portata al lago perchè, diceva, avevo bisogno di ossigenare il cervello. Grazie tante.

mercoledì 9 giugno 2010

Dod in cifre.

Numero di giorni alla fine della scuola: 2.
Numero di professori: 9.
Dei quali vorresti ammazzare: 8.
Dei quali hai già ammazzato: 0.
Ai quali progetti di sgonfiare le ruote della bici: 1 - quello che non avrei ammazzato, per intenderci.
Numero di crisi isteriche: 3.
Delle quali riguardanti la scuola: 1.
Delle quali rigurardanti il caldo tossico: 1.
Delle quali riguardanti lo stronzo: 1.
Numero di volte in cui hai seriamente pensato di fuggire, cambiare nome e diventare cittadina inglese: 12000, all'incirca.
Numero di volte in cui hai ascoltato il CD IV dei Led Zeppelin: 23.
Giorni trascorsi dall'acquisto: 2.
Film visti in settimana: 4.
In cui la lacrimuccia è scesa: 4.
In cui ti saresti messa ad urlare quando tutto sembrava andare male: 4.
In cui, effettivamente, ti sei messa ad urlare: 4.
Dei quali visti in lingua originale: 3.
Libri letti nell'ultima settimana: 7.
Dei quali prestati: 1.
Dei quali provenienti dalla nuova biblioteca: 1.
Nei quali ti sei maledetta in sanscrito perchè ti rendi conto dell'abisso tra te e loro: 7.
Nei quali ti sei emozionata: 7.
E ci hai trovato tutto di te: 1.
Libri, di cui sopra, in cui hai trovato un sacco di risposte e suggerimenti: 3.
Dei quali seguiti: 1.
Dei quali andati a buon fine: 0.
Dei quali ti hanno fatto litigare furiosamente con l'ex: 1.
Numero di stress accumulato nell'ultima settimana: ripeto, 12000, all'incirca.
Ripensa.
Numero di giorni alla fine della scuola: 2.
Thanks, Lord.

venerdì 21 maggio 2010

Quando ti chiedi perchè non smetta mai di piovere.

Ora.
C'è questo spettacolo, i "Demoni", che quell'amore di Dostoevskij aveva scritto, un capolavoro, insomma, che viene mandato a teatro.
Cosa normale, direi.
Non fosse che gli attori e il modo in cui è stato impostato, sono tutt'altro che normali.
Si comincia alle 11 a.m. e si finisce alle 11 p.m., dieci ore di spettacolo - ripeto, firmato Dostoevskij - con un cast eccezionale - diretto da Peter Stein, non so se mi spiego, Peter Stein! - e due ore di pausa - ebbene sì, vengono forniti dal teatro stesso il pranzo e la cena.
Io dico. Per una come me che della letteratura russa è innamorata pazza da quando in prima media si è letta la Sonata a Kreutzer, e che ha una passione (o ossessione?) smisurata per il teatro, questo è uno di quei capolavori che non vanno persi.
E per me non ci sarebbero problemi. Dico: Andiamo!
Ma.
C'è un ma. Ovviamente.
Il ma riguarda questo: per me non ci sono problemi. Per la verità, dei problemi ci sarebbero. Non ultimi i soli 200 posti disponibili - viene messa a disposizione solo la platea, of cours, ché le gallerie, per spettacoli come questi, vengono chiuse, non chiedetemi perchè, già mi piange il cuore - e la modica cifra (seh.) di 85 euro.
E quindi.
Sparatemi. Se mi volete bene fatelo, il dolore è troppo.

lunedì 17 maggio 2010

Vecchiaia.

E tuttavia non lo so.
Sarà che manca l'ispirazione, saranno tutti questi pollini, sarà la tosse, sarà la reazione allergica all'universo, io, davvero, non lo so, ma sono così stanca, ma così stanca che, probabilmente, nemmeno a dormire dodici ore di fila mi sentirei meglio. E dodici ore di fila io non le faccio in tre notti, chiariamoci.
E tuttavia, una volta, non mi pesava.
Starò invecchiando.

Down in Albion.

Down in Albion
They're black and blue,
But we don't talk about that.
Are you from 'round here?
How do you?
I'd like to talk about that.