sabato 17 luglio 2010

Gigs.

Mi manca salire su un treno e prenotare la stanza di un hotel. Mi manca partire la mattina presto, che sono mezza rincoglionita, ma con una voglia di fare così grande che non c'è sonno che tenga. Mi manca scendere in una stazione che non conosco, con dialetti e inflessioni diverse dalle mie, salire su un autobus e vedersi davanti agli occhi persone mai viste prima, ma con le quali hai talmente tanto in comune che solo pensarci e ti gira la testa. Mi manca stare sotto un palco tutto il giorno e aspettare la sera, nonostante il caldo tossico, nonostante il sole che batte sulla testa, nonostante la fame, nonostante la stanchezza, nonostante le Converse che fanno male, nonostante la maglietta di chissà quale gruppo appiccicata alla pelle, e aspettare, che secondo me è la cosa più bella del mondo, aspettare, e un po' l'abbiamo persa, che, santo cielo, noi vogliamo tutto subito, però così è più bello, anzi, molto più bello, e poi veder entrare artisti, che magari neanche lo conoscono l'italiano, e si sforzano di parlare, ma poi capiscono anche loro che si fanno capire molto di più con le canzoni che ti rimbombano fin dentro la testa, e allora è una cosa incredibile. Mi manca la sensazione di parole e musica in bocca. Mi manca la sensazione dell'erba fresca sotto i piedi. Mi manca tenere calato il capellino degli Yankees in testa e mi manca, soprattutto, trovarmi con le persone così, per caso, e cominciare a parlare di musica, e non stancarsi, fino a quando gli accordi di Gibson belle da farti mancare il fiato ti fanno stare zitto, ma provaci tu a stare zitto quando tutto quello che vuoi fare è urlare e urlare e urlare. Perchè, parliamoci chiaro, ma quant'è bella la sensazione della batteria che batte fin dentro la pancia?

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